Sanità privata e rispetto per la vita – La salute è in vendita?

Prendete una regione italiana dove, per effetto della Legge 833/1978 detta “Legge di Riforma Sanitaria”, le persone vengono curate bene, ci si occupa di prevenzione, si aprono servizi territoriali, si cerca di costruire un rapporto costante e costruttivo con i medici di base. Tutto questo a carico dello Stato, quindi pagato con le tasse, che sono progressive: quindi, chi ha di più paga di più e tutti hanno diritto agli stessi servizi in modo gratuito, indipendentemente da quanto hanno pagato al fisco. Tutti i cittadini hanno interesse a un sistema sanitario che funziona, perché sarà quello che curerà noi e le persone a cui vogliamo bene.

Sanità Diritto 15

Immaginate poi che alcuni pensino che è un vero peccato che non si possa guadagnare sulla salute delle persone, perché quello è un settore in cui non si lesinano spese. E allora i politici “sensibili” a certi discorsi cominciano a smantellare quel sistema, per permettere ai privati di fare il loro mestiere, cioè quello di guadagnare soldi in ogni circostanza, perché “pecunia non olet” (nemmeno di etere). I servizi sul territorio calano, la prevenzione diventa meno importante, si comincia a raccontare che il settore pubblico è inefficiente e che il privato è per sua stessa natura più capace di rispondere alle esigenze della popolazione. Si aprono decine di convenzioni con aziende private; si magnificano le strutture accattivanti messe a disposizione delle persone; si cominciano a formare nel settore pubblico, vittima di tagli, liste d’attesa a cui il privato (ben remunerato) risponde prontamente; si smantella un sistema concepito per il benessere di tutta la popolazione e se ne costruisce un altro pensato per l’arricchimento di pochi.

Sanità Privata Profitto 6

È come se alcune aziende si arricchissero sulla vita dei cittadini. Anzi, non è “come se”: è proprio quello che sta accadendo, prima di tutto in Lombardia, ma in realtà in tutta l’Italia.

Non vogliamo parlare dell’emergenza covid in questo articolo: sarebbe fin troppo facile, ma in un certo senso anche un po’ superficiale e fuorviante. Il problema nasce prima e rischia di proseguire dopo l’epidemia. Se noi cittadini non faremo niente. Della privatizzazione del sistema sanitario italiano, abbiamo diffusamente parlato in alcuni articoli.

Questa volta ci avvaliamo di un testo scritto dal professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri ed editorialista del Corriere della Sera, dal titolo La salute (non) è in vendita (Laterza, 2018, 144 pagg., 12 Euro). Il libro tratta di molti argomenti legati al sistema sanitario, dalla razionalizzazione della spesa alle assunzioni di personale, dalla necessità della chiusura dei piccoli ospedali alle questioni relative agli interventi sulle persone ormai senza speranza di guarigione e altro ancora.

La Salute Non è in Vendita

Noi qui ci concentriamo sulla questione della presenza del privato nel sistema sanitario, per la chiarezza con cui l’argomento viene affrontato, ma anche perché le posizioni dell’autore – a prima vista assai radicali, in realtà molto ragionevoli – vengono da uno stimato professionista che collabora abitualmente con un quotidiano di certo non conosciuto per assumere posizioni particolarmente dure nei confronti del libero mercato e dell’iniziativa privata. E questo colpisce molto.

Cosa dice la legge 833/1978

La legge di Riforma Sanitaria sancisce l’applicazione dell’art. 32 della Costituzione, secondo cui “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure agli indigenti”, secondo tre principî fondamentali: 1) l’Universalità: tutti i cittadini hanno uguale diritto ad accedere alle prestazioni del Servizio Sanitario Nazionale (SSN); 2) la Solidarietà: al finanziamento del SSN contribuiscono tutti, in base al proprio reddito, con un criterio di progressività nella tassazione; 3) l’Uniformità: le prestazioni fornite dal SSN devono essere della stessa uniforme qualità, per tutti i cittadini e in tutte le Regioni.

Quanto costa la sanità

Secondo il rapporto annuale OCSE del 2017 le cure sanitarie costano in media 3.391 dollari all’anno per ogni cittadino italiano; 4.600 per ogni cittadino francese; 5.500 per ogni cittadino tedesco; 9.400 per ogni cittadino statunitense, dove buona parte dell’assistenza sanitaria è privata e a pagamento.

Secondo Remuzzi, tra vent’anni – quando la spesa sanitaria sarà all’apice per via dell’invecchiamento della generazione dei baby-boomers – la nostra spesa pubblica sarà inferiore a quella di Gran Bretagna, Francia e Germania. Non  serve quindi nessun secondo pilastro al SSN – prosegue – e non c’è bisogno di fondi integrativi e assicurazioni per renderlo sostenibile.

Vediamo il confronto con gli Stati Uniti: nel 2016 la spesa sanitaria negli USA è arrivata al 17,8% del PIL, in Italia siamo al 9,2%. In un sistema basato sulle assicurazioni sanitarie private o legate all’azienda presso cui si lavora, almeno 40 milioni di statunitensi non sono assicurati “abbastanza” e altri 41 milioni non hanno accesso alle cure, incluse quelle più necessarie. Le assicurazioni o l’industria del farmaco decidono le cure a seconda di quello che gli conviene: la logica del profitto ha costruito la fortuna di qualcuno, ma con enorme spreco di risorse e nessuna attenzione ai bisogni degli ammalati.

Sistema Sanitario USA 1

Il secondo pilastro

Magnificate in tutte le salse, le assicurazioni private sono un flagello per le casse dello stato, per la proliferazione di pratiche mediche inutili e costose, per l’introduzione e la diffusione di situazioni di disuguaglianza tra cittadini nell’accesso alle prestazioni sanitarie. Quasi tre milioni di italiani hanno una polizza individuale che pagano tra gli 800 e i 3.600 euro all’anno e possono detrarre dalle tasse fino al 19% delle spese sostenute, comprese quelle che sono state rimborsate. Chi ha un’assicurazione fa molti più esami e molte più visite specialistiche e alla fine si rivolge alle strutture pubbliche e le liste d’attesa invece che diminuire aumentano. Non ci sono riscontri empirici – dice il professor Aldo Piperno – che lo sviluppo di un secondo pilastro privato possa ridurre la pressione sul pubblico, l’unico davvero in grado di prendersi in carico i malati cronici, i più anziani, chi ha bisogno di trapianti o di farmaci oncologici ultra costosi.

Privatizzazioni 6

Riprende Remuzzi: rischiamo che succeda quello che è già successo negli Stati Uniti, un impoverimento progressivo del Servizio Sanitario pubblico a vantaggio delle assicurazioni che poi alzeranno il premio così che chi non è abbastanza povero o abbastanza vecchio (da ricevere assistenza dallo stato), se si ammala, non potrà avere le cure che gli servono.

L’attività privata dei medici all’interno degli ospedali pubblici

A giudizio di Remuzzi, l’attività intramoenia (cioè quella che i medici svolgono privatamente all’interno delle strutture pubbliche) va ripensata con l’obiettivo di trovare soluzioni più eque per il cittadino. Non deve succedere che, all’interno della stessa struttura, chi ha possibilità economiche possa essere curato prima e meglio di chi non le ha. Le esigenze di chi desidera un trattamento alberghiero migliore, e se le può permettere, possono essere rispettate, ma non devono realizzarsi sottraendo energie al sistema, e a scapito di chi non ha possibilità economiche.

Sulla scelta di certi suoi colleghi di praticare l’attività intramoenia, Remuzzi è chiaro: Chi desidera avere un maggiore ritorno economico dalle competenze acquisite in ospedale, invece che all’intramoenia potrebbe rivolgersi alle strutture private. Si tratta di scegliere: o di qua o di là, così gli ospedali sarebbero finalmente nelle condizioni di assumere giovani medici.

Giuseppe Remuzzi
Giuseppe Remuzzi

L’organizzazione del servizio sanitario

Cosa deve guidare le scelte degli amministratori? La medicina del territorio e gli ospedali vanno organizzati tenendo conto in primo luogo delle esigenze di benessere della popolazione e delle necessità degli ammalati.

La Regionalizzazione e l’apertura alla privatizzazione del servizio sanitario

Presentata come un’esigenza legata all’uso razionale delle risorse, la regionalizzazione, introdotta con i decreti 502/1992 e 517/1993, comportava il rischio, che si è poi visto essere reale, di una perdita dell’uniformità dell’assistenza sanitaria nel paese.

La cosiddetta Riforma Bindi, del 1999, ha accentuato la spinta alla regionalizzazione e all’intervento del privato, che ha avuto da allora la possibilità di mettersi in concorrenza con il pubblico. Si è fatto strada il principio – sostanzialmente estraneo allo spirito della legge del 1978 – che la sanità debba rispondere alle leggi del mercato libero.

Intramoenia - Rosy Bindi
Rosy Bindi

Citiamo estesamente Remuzzi ancora sulla delicata questione dell’attività medica intramoenia, introdotta dalla Riforma Bindi: questa crea inevitabilmente una situazione di diseguaglianza: messo di fronte a un tempo di attesa lungo o lunghissimo per una prestazione da effettuarsi con l’impegnativa del SSN, il paziente sceglie di pagare la visita a uno specialista per fare prima. La cosa curiosa è che spesso si tratta dello stesso specialista che l’avrebbe dovuto visitare per conto del SSN. Così è la tua disponibilità economica che ti consente di accedere alle prestazioni sanitarie e di  avere quello di cui hai bisogno prima degli altri. Ma tutto questo è sbagliato, potersi curare è un diritto e lo è per legge, ma nessuno sembra ormai rendersene conto e non c’è nemmeno nessuno che si indigna. Le inefficienze del sistema ricadono sui cittadini, che devono risolverle mettendo mano al portafoglio.

Intramoenia 2

Da cosa dipende la nostra salute

Recensendo il libro di Göran Therborn, I campi di sterminio della disuguaglianza, avevamo parlato di quanto ricchezza e povertà incidano sulla speranza di vita delle persone.  A questo stesso proposito, dice Remuzzi che la salute dipende un po’ dal patrimonio genetico, un po’ dal Servizio Sanitario, un po’ dall’ambiente, ma molto di più dal reddito, dalla professione, da dove si abita e dalle scuole che uno ha fatto. Ricercatori del Canada hanno visto che, fatte 100 tutte le ragioni per cui si muore, le condizioni economiche pesano per 60, il fumo per 10 e l’obesità per 1.

Il mercato della salute

Secondo Arnod Relman, quando l’industria della salute entra prepotentemente nel settore sanitario con investimenti in ospedali privati, residenze per anziani, esami diagnostici e altro ancora, non essendo diversa da qualunque altra industria finisce per rispondere alle esigenze degli azionisti invece che ai bisogni degli ammalati. Gli Stati Uniti, che spendono più di tutti nel settore sanitario tra i paesi industrializzati, sono sempre all’ultimo posto per tutti i parametri considerati: accesso alle cure, equità, efficienza ed efficacia, cioè risultato delle cure a breve e soprattutto a lungo termine.

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Il pubblico e il privato

Scrive Remuzzi: ad affrontare i problemi veri le assicurazioni non ci pensano nemmeno. L’impresa della salute non è come tutte le altre: quella pubblica lavora per migliorare la qualità delle cure e l’aspettativa di vita, che vuol dire anche più prevenzione, che porta però meno fatturato, meno esami radiologici, meno interventi chirurgici. Ecco perché ai cittadini dovrebbe interessare moltissimo sapere chi eroga le prestazioni e se lo fa per migliorare la qualità delle cure e prevenire le malattie o per aumentare il fatturato, che finisce prima o poi per incoraggiare la domanda di prestazioni.

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E così continua nel suo parallelismo tra pubblico e privato: La logica del mercato non si applica all’impresa di salute, tant’è che i malati che “non rendono” (grandi traumi, infezioni gravi e gravissime, anziani con numerose patologie, malati di AIDS) li curano tutti negli ospedali pubblici, perché medici e infermieri dell’ospedale sono tenuti a dare un servizio sempre e comunque. Le strutture private, invece, scelgono quello di cui si vogliono occupare e con l’ammalato stabiliscono un contratto che si può sciogliere in  qualunque momento.

A cosa serve il SSN: un esempio

Da poco abbiamo un farmaco nuovo per curare una malattia rara dei bambini (si chiama sindrome emolitico uremica). Prima sei su dieci di questi bambini morivano, gli altri continuavano a vivere, ma solo un po’, legati a una macchina di dialisi. Con la cura nuova non muore più nessun bambino e nessuno deve fare più la dialisi. Ma il farmaco costa 300.000 euro l’anno. A ogni nuovo bambino che arriva, sono tutti in difficoltà: i medici, l’ospedale, la Regione. Ma alla fine i soldi si trovano, da noi. In  Svezia, Austria e Australia, solo per fare qualche esempio, no.

Cure Pediatriche 1

Quando il governo usa per il pubblico i criteri del privato

Abbiamo avuto qualche anno fa un governo appiattito sulle esigenze delle banche e del capitale, il governo Monti, responsabile di alcune delle leggi più reazionarie in campo economico che ricordi la storia della nostra Repubblica, dalla riforma delle pensioni alla legislazione sul  lavoro. Non mancarono interventi di pesanti tagli alla sanità. Remuzzi cita un episodio, avvenuto quando a occuparsi di sanità nel governo Monti era il ministro Balduzzi: in un grande ospedale del Nord, medici e infermieri ricevettero una lettera in cui li si invitava a ridurre del 10% l’uso di pannoloni per gli anziani incontinenti. Commenta l’autore: se qualcuno i pannoloni se li porta a casa va denunciato, ma chi li usa in modo corretto deve potere continuare a farlo perche se gli anziani vengono lasciati senza pannolone – a parte il disagio – aumentano complicazioni infettive e piaghe da decubito e alla fine si spende anche di più.

Balduzzi E Monti
Renato Balduzzi e Mario Monti

Finanziamenti pubblici e profitti privati

Remuzzi si fa una domanda: il “privato” oggi occupa una parte molto rilevante dell’assistenza sanitaria, ma che privato è quello finanziato per l’80% con soldi pubblici?

Il soggetto pubblico è tenuto a garantire universalità e continuità di intervento. Al contrario il soggetto privato ha come finalità il fatturato, il rendimento e il profitto aziendale. Può decidere di non occuparsi più di un’attività specialistica perche non conviene economicamente e gode di discrezionalità nella selezione dei ricoveri in relazione alla complessità e alla remuneratività dei singoli interventi.

Eppure le cliniche private non possono fare a meno dei fondi regionali, che garantiscono loro l’80% dei pazienti: cosa ha questo a che vedere con l’imprenditorialità?

Privatizzazioni 3

La sanità privata dovrebbe essere accreditata solo per i settori in cui le strutture pubbliche sono carenti.

Conclusioni

Remuzzi propone un rafforzamento del Servizio Sanitario Nazionale, anche attraverso una riduzione degli interventi, quando non ne sia debitamente riconosciuta l’efficacia , un uso più razionale delle risorse sul territorio, maggiori assunzioni e l’abolizione dell’attività intramoenia.

E denuncia l’occupazione degli spazi pubblici da parte del settore privato, che ha queste caratteristiche:

  • Ha quale suo scopo il profitto e non la cura universale delle persone;
  • Si occupa solo dei settori dai quali si può estrarre un guadagno e non ha l’obbligo di farsi carico di tutti i pazienti;
  • Tralascia la prevenzione in quanto in contrasto con la necessità di un sempre maggior numero di interventi medici e laboratoriali, dai quali estrarre denaro;
  • Comporta un aumento esponenziale di visite ed esami spesso inutili;
  • Riceve per l’80% i suoi proventi dal settore pubblico;
  • Comporta un pesante aumento della spesa sanitaria, che si traduce in profitti per pochi;
  • Attraverso le assicurazioni private, introduce disuguaglianze tra i cittadini in materia sanitaria, aumenta le prestazioni inutili e grava sulla finanza pubblica con la detassazione dei contratti e delle prestazioni fornite.

No alla Privatizzazione 1

Concludiamo con un’ultima citazione, questa volta dall’introduzione del volume, che sottoscriviamo totalmente: Salute e mercato sono due categorie completamente diverse, le cui strade non dovrebbero incrociarsi mai.

Prateria Ribelle

2 pensieri riguardo “Sanità privata e rispetto per la vita – La salute è in vendita?

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